Rottura delle concrezioni

La rottura di stalattiti, stalagmiti o colonne è un altro vero disastro, ed è purtroppo avvenuta nelle grotte facilmente accessibili. L’asportazione delle concrezioni ha danneggiato molte grotte storiche nel corso dei secoli: una stalagmite alta due metri è stata asportata dalle Grotte di Postumia per decorare, nel Comune di Opatija, la piazza del Parco di Angiolina; altre stalagmiti di Postumia furono installate nei parchi di Sesana, o a Berlino.

Le concrezioni delle grotte turistiche del Lazio subiscono danneggiamenti sin dalle loro prime frequentazioni. L’abate Domenico Santucci ricorderà nel 1845 come nella Grotta di Collepardo, detta anche dei Bambocci o della Regina Margherita (La 22, FR), “i viaggiatori stranieri” usassero raccogliere souvenir

“massimamente rimirando […] il nuovo spettacolo della grotta di Collepardo : e sotto quei colossali baluardi guardarsi talora dattorno, finchè venga loro il destro, là di togliere inosservati alcune schegge degli smisurati massi, e qua di staccar belle stalattiti a rimembranza delle vedute maraviglie. E dirò ancora di passaggio come molti di costoro, tratti da soverchio entusiasmo, non badan troppo a romper qualsivoglia più vaga stalattite venga lor tra le mani, distruggendo così in un momento l’opera maravigliosa di secoli. Al qual danno, benchè assai leggiero in tanta copia di cristallizazioni, si dovrebbe por termine dagli anziani stessi del luogo col tener pubblico consiglio, affinchè quindi innanzi fosse vietato ad ognuno recar simili guasti alla grotta, ordinando con qualche pena alle guide la sorveglianza di così giusto divisamento”. (p. 11-12)

Un’altro esempio di danneggiamento delle concrezioni è quello della Grotta di Santa Lucia (La 514, RM) profonda 110 metri, aperta accidentalmente durante lavori di cava. L’esposizione agli agenti atmosferici ha causato una degradazione irreversibile dello stato delle pareti e delle concrezioni. Anche se la grotta è accessibile solo agli speleologi, sembra esservi stata una cattiva abitudine dei ragazzi del paese di Sant’Oreste, che si esercitavano a tirar sassi con le fionde alle concrezioni dei capelli d’angelo.

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