Fauna cavernicola del Matese

Le esplorazioni che il Circolo Speleologico Romano e altri speleologi hanno effettuato tra gli anni ‘60 e gli anni ‘80 del 900 nelle grotte del massiccio del Matese (Campania e Molise), ha permesso di raccogliere una quantità di conoscenze biospeleologiche di una certa importanza.

Vale quindi la pena ricordare qui gli elementi più significativi, considerato anche il notevole interesse dal punto di vista naturalistico generale che ha questo comprensorio montano, oggi sede di un parco regionale, il Parco Regionale del Matese, la cui biodiversità non è ancora del tutto nota.

Dal punto di vista biospeleologico sono state in tutto esplorate quattordici cavità di cui sette in Campania e sette in Molise. Ad oggi, sono state segnalate circa 50 entità tassonomiche riferibili a diversi gruppi animali: molluschi gasteropodi (3 specie), crostacei isopodi (3) e anfipodi (1), aracnidi pseudoscorpioni (1), opilioni (1), ragni (4) e acari (1), diplopodi (5), chilopodi (1), insetti ortotteri (3), coleotteri (11), tricotteri (7) e lepidotteri (4), pesci (1), uccelli (1) e mammiferi (5). Tra le specie rinvenute si ricordano qui di seguito alcune tra le più significative, troglofile e troglobie.

Iniziando dai crostacei, si segnalano l’isopode triconiscide Trichoniscus matulici Verhoeff, elemento troglofilo a distribuzione transadriatica, e l’anfipode nifargide Niphargus longicaudatus (A. Costa), specie troglobia, presente nelle acque sotterranee dei sistemi carsici dell’Appennino centro-meridionale.

Tra gli aracnidi si possono enumerare lo pseudoscorpione neobiiside Neobisium cfr. samniticum Mahnert, troglobio, endemico della Grotta del Lete, l’opilione ischiropsalide Ischyropsalis adamii Canestrini, specie eutroglofila, presente soprattutto in grotte fredde, distribuito in tutta l’Italia peninsulare e in Sardegna, i ragni tetragnatidi Meta menardi (Latreille) e Metellina merianae (Scopoli), entrambi a distribuzione paleartica occidentale ed eutroglofili, il nesticide Kryptonesticus  eremita (Simon), a distribuzione più ristretta, nord-mediterranea, eutroglofilo, tutti frequenti nelle grotte appenniniche, e lo zoropside Zoropsis spinimana (Dufour), ragno a distribuzione mediterranea, troglofilo.

I diplopodi sono rappresentati dal cordeumatide craspedosomatide Atractosoma divaricatum, esclusivo delle grotte dell’area dove sono presenti due sottospecie, A. d. divaricatum Strasser, nella Grotta del Fumo, sulle pendici del Monte Miletto, e A. d. lethes Strasser, nella Grotta del Lete.

Riguardo agli insetti, tra gli ortotteri troviamo il rafidoforide Dolichopoda geniculata (O.G. Costa), elemento eutroglofilo esclusivo dell’Italia centro-meridionale, localmente molto diffuso, il grillide Gryllomorpha dalmatina (Ocskay), specie mediterranea, ecologicamente molto tollerante, che ha colonizzato l’Italia appenninica e insulare. Si tratta di un elemento considerato eutroglofilo, anche se l’attribuzione a questa categoria ecologica va fatta con riserva poiché la specie è frequente anche all’esterno. Entrambe le specie sono caratteristici elementi della fauna parietale. Una seconda specie di grillide è rappresentata da Petaloptila andreinii Capra, elemento diffuso in Corsica e in Italia, dal Piemonte sud-occidentale alla Basilicata, eutroglofilo. In questo caso va segnalato che si tratta di una delle poche specie di invertebrati considerata a rischio di estinzione (LC, Least Concern, a minor preoccupazione) dall’International Union for Conservation of Nature.

Tra i coleotteri, relativamente recente è la descrizione del carabide trechino Duvalius carchinii Vigna Taglianti, Magrini e Vanni. Si tratta di una specie troglobia del gruppo franchettii, esclusiva della Grotta del Lete, pubblicata nel 1993. Alla stessa famiglia è da ascrivere Laemostenus latialis Leoni, elemento esclusivo dell’Appennino centrale e settentrionale, eutroglofilo, con popolazioni ad abitudini cavernicole ed altre apparentemente legate alle formazioni forestali.

Duvalius carchinii, Holotypus, habitus
(da Vigna Taglianti et al., 1993, Fragmenta entomologica, 24: 147-157).

Per completare il quadro di questo ricchissimo ordine di insetti, si cita il curculionide Otiorhynchus  monteleonii (Osella e Abbazzi), dedicato al nostro socio Maurizio Monteleone, che per primo lo ha raccolto insieme a Stefano Gambari. Si tratta di un elemento endemico dell’area, descritto a metà degli anni 80 del 900, rinvenuto nel sistema di Campo Braca. Si tratta di una forma specializzata alla vita sotterranea, penetrata nella cavità probabilmente attraverso le radici profonde della vegetazione arborea soprastante. O. monteleonii potrebbe essere filogeneticamente correlato a O. samniticus (Osella), specie epigea, nota solo del Monte Gallinola, anch’essa endemica del massiccio del Matese.

Numerose sono le specie di tricotteri, insetti le cui forme giovanili si sviluppano nelle acque dolci i cui adulti si rifugiano spesso in grotta per svernare, appoggiandosi alle pareti del tratto iniziale. Nelle grotte del Matese sono state segnalate numerose specie tra cui i limnefilidi subtroglofili Micropterna fissa McLachlan¸ a gravitazione mediterranea occidentale, Stenophylax mitis McLachlan, diffuso nell’Europa centro-meridionale, S. mucronatus McLachlan, anch’esso a distribuzione europea centro-meridionale estesa all’area mediterranea, e S. permistus McLachlan, ad ampia distribuzione paleartica.

I lepidotteri sono rappresentati da falene i cui adulti sfruttano anch’essi gli ambienti sotterranei per svernare e rappresentano elementi caratteristici della fauna parietale. Tra questi ricordiamo gli erebidi Apopestes spectrum (Esper) e Scoliopteryx libatrix (Linnaeus). Entrambe subtroglofile, la prima è una specie asiatico-mediterranea, presente in tutta Italia anche se meno frequente al Nord, l’altra ha invece distribuzione euroasiatica. Risulta poi presente il geometride Triphosa dubitata (Linnaeus), anch’essa eutroglofila, a distribuzione euroasiatica.

Triphosa dubitata (Foto V. Sbordoni).

Tra i vertebrati si ricordano due chirotteri rinolofidi Rhinolophus ferrumequinum (Schreber) e R. hipposideors (Bechstein), e due vespertilionidi Myotis capaccinii (Bonaparte) e M. myotis (Borkhausen). Come tutti i pipistrelli della fauna italiana, si tratta di specie tutelate da leggi nazionali (legge n. 157/1992) e da Direttive e Convenzioni Internazionali (Convenzione di Berna, Convenzione di Bonn, Bat Agreement, Direttiva Habitat).

Nel suo complesso, il popolamento cavernicolo del Matese non sembra discostarsi molto da quello delle altre aree carsiche dell’Appennino centrale. In dettaglio, sul versante molisano, esplorando alcune delle grandi cavità (e.g., Pozzo della Neve, Abisso Cul di Bove, risorgenza di Capo Quirino), si ha l’impressione che la comunità cavernicola sia poco diversificata. I rari incontri con organismi viventi oltre la zona a temperatura variabile sono infatti generalmente rappresentati dai diplopodi del genere Atractosoma, dall’opilione Ischyropsalis adamii e da qualche tricottero.

Di fatto, nelle zone profonde, risultano assenti quegli elementi che di solito sono invece presenti nelle grotte di altre aree appenniniche, come gli isopodi triconiscidi, gli pseudoscorpioni, i carabidi del genere Duvalius o i ragni del genere Leptyphantes.

La stessa comunità troglofila parietale della zona di penombra appare, in quest’area, decisamente più povera rispetto alla media delle grotte appenniniche. Mentre in questo caso non è possibile escludere l’effetto locale della morfologia degli ingressi, o la scarsa attenzione dei raccoglitori, la bassa diversità della fauna eutroglofila e troglobia non è di facile interpretazione.

Da questo punto di vista le grotte del Matese molisano mostrano quindi una fisionomia analoga a quella delle grotte abruzzesi, ipoteticamente attribuita in passato alla presenza di significativi depositi di idrocarburi nei calcari di quella regione.

Nella zona di Letino, nel settore campano del massiccio, la situazione sembra invece diversa in quanto, almeno in una cavità oggetto di indagini approfondite, la Grotta del Lete, ha rivelato la presenza di elementi troglobi esclusivi come Duvalius carchinii.

Per approfondire

Sbordoni V., Lucarelli M., 1988. Note preliminari sulla fauna cavernicola del Matese. Notiziario del Circolo Speleologico Romano, Nuova serie, 3: 91-109.

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