Carlo Franchetti (1896-1955)

Nato a Vienna il 15 gennaio 1896, esploratore e alpinista, Carlo Franchetti era discendente della nobile famiglia dei baroni Franchetti; suo padre Giorgio divenne famoso perchè acquistò, restaurò e arredò con mobili e quadri d’epoca la Cà d’Oro di Venezia e, a opera ultimata, nel 1895 la regalò allo Stato ritenendo che un “oggetto” di tale importanza storico-artistica non potesse appartenere ad un privato ma fosse patrimonio dell’umanità. Tutto questo un secolo prima che questi concetti fossero di uso corrente. Anche Carlo, come il padre, si dedicò alla storia dell’arte, al disegno e al restauro architettonico. Il cugino Raimondo aveva viaggiato in Malesia, Indocina e Sudan e, nel 1929, aveva organizzato una spedizione nel cosiddetto “inferno della Dancalia” a cui aveva partecipato come naturalista il marchese Saverio Patrizi. Raimondo Franchetti perì mentre si recava all’Asmara; come emissario del governo, cercava contatti con le tribù locali in Dancalia in vista dell’occupazione italiana in quei paesi. Fu eliminato, probabilmente da emissari di quelle nazioni che non vedevano di buon occhio l’arrivo degli italiani in quella parte del mondo.
Dotato di un grande fascino personale, coltissimo, amante dell’arte e dell’avventura, Carlo Franchetti aveva partecipato, volontario, alla Grande Guerra come ufficiale istruttore degli alpini, ma anche aviatore, ottenendo varie decorazioni al merito.

Aveva preso parte, prima della guerra, ad alcune scalate ed esplorazioni di grotte di ghiaccio nelle Alpi austriache. Godeva di una certa familiarità con l’Austria in quanto sua madre, Marion, era tedesca. Era un ottimo scalatore (1), e scrisse numerosi articoli di escursionismo, speleologia e un manuale di arrampicata (2); subì anche un grave incidente quando, volando in una parete a cui era assicurato con una corda che passava in tre chiodi successivi, due di questi saltarono e il terzo invece si piegò, trattenendolo. A Cortina d’Ampezzo aveva organizzato le risalite per i turisti sulle montagne vicine con le Citroen Chenille, ovvero con automobili cingolate che andavano benissimo e portavano gli appassionati vicino alle cime più alte in sentieri che nessun altro mezzo meccanico, a quei tempi, si poteva permettere. Poi fu promotore della costruzione, e proprietario, delle funivie e sciovie di Cortina d’Ampezzo contribuendo così ad uno straordinario sviluppo turistico di tutta la zona. A Cortina fondò l’esclusivo Sci Club 18 tra veri appassionati e valenti sciatori. Fu memorabile una sua traversata degli Appennini sugli sci in solitaria attraverso passi e vie mai percorsi prima.
Trasferitosi a Roma, nel 1920 gli fu affidata la direzione del Circolo Speleologico Romano; fu presidente del sodalizio dagli anni Venti al 1955. La sua guida diede un nuovo impulso vitale al sodalizio, riuscendo a coagulare presso di sè appassionati di montagna, artisti, architetti, professori d’università, scienziati e parte di quella operosa nobiltà romana che si era sempre dedicata alle ricerche scientifiche in Italia e all’estero. Si dedicò anche alla realizzazione di programmi di bonifica e irrigazione di zone agricole. L’otto giugno 1930 gli venne riconosciuta la cittadinanza onoraria di Capraia e Limite per migliorie agricole e costruzioni coloniche, per imprese artistiche eseguite a Bibbiani e per la costruzione di un ponte sull’Arno, tra Capraia e Montelupo. Il 31 agosto 1930 gli fu conferita invece «la cittadinanza onoraria di Selva di Val Gardena per aver restaurato un antico castello dei conti Wolkenstein, caduto in rovina e per aver favorito lo sviluppo degli sport invernali (3)». A Ovindoli finanziò la costruzione di un rifugio CAI Roma per sciatori, che fu a lui dedicato. Nel 1932 fu membro della Commissione speleologica del Comitato scientifico del CAI. Carlo Franchetti ebbe sempre un ottimo rapporto con i Comuni dell’Italia centromeridionale con una fitta corrispondenza ed una viva collaborazione che permise memorabili esplorazioni nelle grotte del sud. Si deve anche a lui l’illuminante e signorile Statuto del Circolo che è servito di base, nel tempo, a molte altre associazioni anche non speleologiche. Dopo la stasi della Seconda Guerra Mondiale, grazie alla sua influenza, riuscì nel 1954, sotto la presidenza della Repubblica di Luigi Einaudi, ad ottenere l’ambito riconoscimento in Ente Morale del Circolo. Nel 1955 fu vicepresidente della Società Speleologica Italiana.
Un banale incidente stradale il 28 settembre 1955 fece terminare la sua instancabile e illuminata attività.


(1) Tra le tante vie, citiamo la terza salita della Fessura Dimai della Torre Grande delle Cinque Torri, il giorno dopo l’ascesa di Comici.

(2) Carlo Franchetti, Manuale arrampicatore; testo riordinato da Alberto Fumagalli; schizzi di Angelo Calegari. Monza, SUCAI, 1924.

(3) Vittorio Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana. Famiglie nobili e titolate viventi riconosciute dal R. governo d’Italia [etc.], 3 v., E-K, Milano, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, 1930, sub voce.

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